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Meccanismi di formazione di una nuova specie
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La pervinca maggiore (Vinca major) è una specie tetraploide derivata dalla pervinca minore (Vinca minor), che invece ha un genoma diploide. (Diego Pecori) |
Una nuova specie può formarsi anche per ibridazione di due specie
diverse nel caso in cui la progenie sia fertile, e ciò porta a
ridiscutere il concetto di specie come entità di individui interfecondi
che non si accoppiano o hanno prole sterile con altre specie animali o
vegetali.
Infine, la speciazione parapatrica avviene in popolazioni che
vivono al confine dell’areale di distribuzione della specie e che sono
sottoposte a pressioni selettive diverse da quelle a cui sono sottoposte
le altre popolazioni; in tale sistema sono sfavoriti gli incroci tra
popolazione periferica e centrale. In questo caso il flusso genico ha
minore importanza della pressione selettiva.
Meccanismi e cause della speciazione
In generale i meccanismi che portano alla speciazione sono meccanismi
di isolamento riproduttivo distinti in pre – zigotici e
post - zigotici, cioè che avvengono prima o dopo la formazione
dello zigote, la prima cellula del nuovo individuo. I meccanismi pre -
zigotici intervengono quando due popolazioni non possono più incrociarsi
perché non vivono più nello stesso habitat (isolamento ecologico) o
hanno sviluppato morfologie e dimensioni tali da impedire la copula
(isolamento meccanico) o pattern di corteggiamento e tempi di
estro diversi (isolamento etologico) o infine per impedimento della
fecondazione (isolamento gametico) quando ad esempio i gameti dei due
genitori sono di dimensioni incompatibili.
I meccanismi post - zigotici riguardano essenzialmente la mortalità,
sterilità o scarsa vitalità degli ibridi.
La variabilità alla base del processo di speciazione è in genere da
imputarsi a cause genetiche, cioè alla comparsa repentina di mutazioni
casuali. Esse consistono nella sostituzione, delezione o inserzione di
nucleotidi, i mattoni che costituiscono il DNA, oppure nella variazione
del numero dei cromosomi (aneuploidie) o di interi corredi cromosomici.
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E’ necessario citare, oltre alla variabilità genetica, anche la
ricombinazione come mezzo di amplificazione della variabilità stessa;
essa avviene per mezzo dell’assortimento indipendente tra geni
situati su cromosomi diversi o per crossing over (scambi
di porzioni di materiale genetico tra cromosomi omologhi) per geni sullo
stesso cromosoma.
Si parla di microevoluzione quando i suddetti meccanismi avvengono a
livello di geni, individui, popolazioni e specie. Sono eventi evolutivi
osservabili nell’intervallo di poche generazioni, come ed esempio quelli
indotti in laboratorio su Drosophila melanogaster, il famosissimo
moscerino della frutta. La macroevoluzione invece riguarda i livelli
tassonomici gerarchicamente superiori, come ordini, classi o
phyla.
Interessa grandi problematiche quali la comparsa di nuovi
piani strutturali (il passaggio da invertebrati a vertebrati, da pesci
ad anfibi ecc.), le radiazioni adattative (cioè l’esplosione della vita
con la colonizzazione di tutte le nicchie ecologiche) e le grandi
estinzioni. Per studiare ciò un grande contributo è dato dalla
paleontologia, che indaga le forme di vita del passato, la loro origine
e la loro durata nel tempo, dato che la macroevoluzione agisce in tempi
geologici.
Grazie ad essa si è potuto capire che l’evoluzione procede a velocità
non costante nel tempo, per cui si ha l’alternanza di lunghi periodi di
relativo equilibrio interrotti da improvvise estinzioni di massa che
hanno aperto la strada a grosse novità nei piani strutturali, rendendo
disponibili nicchie precedentemente occupate. Darwin spiegava le
evidenze paleontologiche dicendo che i fossili non danno prova del
gradualismo perché il record fossile è incompleto, ma ammetteva
che non tutti i cambiamenti evolutivi debbano necessariamente essere
graduali.
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